Cronaca della conviviale n. 16 del 19 gennaio 2009
Tema:
“Alto e
basso nell’arte contemporanea” Relatore: Prof. Antonello Negri |
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“Alto
e basso nell’arte contemporanea”.
Club Giardini, Hotel Cavalieri, Sala Cavallo, lunedì 19 gennaio 2009, ore 19,
45. Domanda a noi stessi: Che può voler dire il tema di questa sera, il tema
della conferenza del professor Antonello Negri? Coro (sempre dentro di noi) : “
Saranno gli alti e i bassi che conosce
la fortuna dell’arte dei nostri giorni?”… Oppure:
“Gli alti e i bassi livelli dell’arte contemporanea; per esempio, i quadri di
Picasso. Carrà e Fontana sono “alti” (arte) o “bassi” (ciofeche)?” Legittima superficialità.
Ore 21,30 : Lo stesso professor Negri, come se
avesse intuito, ci assolve. Ma precisa. Primo errore.. Il tema è
“alto e basso NELL’arte contemporanea”
e non “DELL’arte contemporanea”.
Secondo errore: il “contemporaneo” nell’arte arriva anche all’oggi, ma all’oggi
non d’orologio, ma a un oggi già storicizzato, come la storia sta alla cronaca;
e nasce convenzionalmente (questo magari lo sapevamo) nei giorni della
Rivoluzione francese. Terzo errore: Non sapremo mai, stasera, da Antonello
Negri, se i Picasso -
e quali -
sono belli o brutti; o se Balla è un artista o una
balla. Il professor Negri è uno
storico e non un critico
dell’arte. Tutto chiaro? Antonello Negri scopre le carte del suo
tema: Andremo semplicemente a dare un’occhiata a capolavori significativi
dell’arte contemporanea per scoprire come opere apparentemente banali, o
espressioni di banalità diventate arte,
possano avere attinto alla leggerezza delle cose e
delle espressioni di tutti i giorni o di mondi lontani -
di cui l’Arte Alta non si sarebbe in passato degnata
di occuparsi -
e contemporaneamente attingere all’Alto, cioè ai
Grandi Maestri dei periodi d’oro dell’Arte; per dirne una, del Rinascimento.
Davvero? Impossibile! No, possibilissimo: si pensi a ciò che
si nasconde dietro le Mademoiselles d’Avignon
di Picasso, in cui ieratiche figure centrali sono dei
remake, come si direbbe oggi,
di Michelangelo (l’”ALTO”); e in cui le
‘demoiselles
sono delle prostitute e Avignon non è la
città-prigione dei Papi, non evoca la
captivitè
d’Avignon, ma solo un noto bordello parigino
dell’epoca (il “ basso”). Tutto chiaro? Non resta che proseguire
negli esempi: il nostro Balla che “copia” un graffito di Pompei, il francese
Tapies che “copia” dai muri di strada, Magritte dai sillabari delle elementari,
i “Grandi” della POP(ular) Art che “rubano” l’arte ai fumetti ( ma lo fa anche
il grande Mirò con i cartoon di
Krazy Kat),
i fumetti che rubano a figure classiche, Otto Dix che
attinge alle donne tatuate dei circhi. Léger che trasfigura la pubblicità della
Campari. Boccioni, poi, rifà Achille Beltrami della Domenica del Corriere. E
così via. Allora, qual è la lezione ? Che prima di
sentenziare che l’arte “moderna” (diciamo di solito così), cioè contemporanea è
fatta da gente che non sa dipingere, gente che dipinge come saprebbe dipingere
un bambino, dobbiamo pensarci due volte. Infatti, dietro ai pittori “moderni”
(almeno di quelli che non per caso sono entrati nella storia dell’arte e nei
grandi musei) può esserci un artista a 360 gradi, “completo” (il Picasso dalle
tante stagioni, per fare un esempio). E che dietro la povertà delle immagini (la
pipa di Magritte) c’è una filosofia diversa da quella dei pittori che parlano
agli occhi; c’è il desiderio di parlare alla mente, di stimolare il pensiero (la
pipa di Magritte con la scritta “questa non è una pipa” contiene un messaggio
preciso: non scambiare la cosa con la sua rappresentazione, come facciamo noi
stessi sempre più spesso da quanto c’è Arte da bambini? E perché no? dice il professor Negri,
che, ripetiamo, non encomia e non oltraggia. Pensiamo a Courbet, che ci “impone”
due bambini
(uno osserva, l’altro disegna) nel suo “Atelier
du peintre”: e se il pittore si spogliasse della scuola di pittura e
dalle “sovrastrutture” culturali e tornasse a vedere il mondo con l’occhio
innocente
di un bambino? Del resto, non era forse “contemporaneo”
di Lèger, di Carrà, di Magritte, di Boccioni anche il nostro (trascurato, ahimè)
poeta Fausto Maria Martini? Scrisse: “Resta
bambino, se vuoi restare poeta”.
Nicola D'Amico
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