Cronaca della conviviale n. 21 del 22 gennaio 2007

 

Tema: “Milano, la città: Il progetto per il Polo Urbano Fiera”

Relatore: Ing. Ugo Debernardi e architetto Pier Paolo Maggiora

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Immaginate dei bambini ai quali abbiano dato mezzo Sahara per costruire il loro castello di sabbia. Immaginate alcuni tra i più grandi architetti del mondo, come gli stranieri Saha Hadid, Arata Isozaki, David Liberkind, insieme a Pier Paolo Maggiora, i quali si siano trovati insieme per partecipare a un bando che “mette in palio” da 250 a oltre 350 mila metri quadrati di spazi vuoti o da risanare: per riprogettare un polmone di Milano come quello che fu l’ex Fiera. Un gioco da far tremare i polsi  e la grande finanza. L’entusiasmo e la professionalità sono grandi. Tanto da far vincere loro la gara bandita nel 2003 dal Comune di Milano. Per realizzare il progetto, si mettono in campo dei colossi della finanza immobiliare, come la Generali, la RAS, la Immobiliare Lombarda e Lamaro Appalti. Il pool che si è creato deve assicurare al Comune di Milano alcune cose essenziali. E qui comincia il racconto dell’ingegner Ugo Debernardi e dell’architetto Pier Paolo Maggiora ai quasi 200 soci (170 per l’esattezza) di quattro Rotary (Da Vinci, Porta Vittoria, Sempione e Giardini), riuniti in conviviale interclub  nella nostra sede, lunedì sera 22 gennaio, per la serie di dibattiti su  “Milano, la città”, nella fattispecie “Il progetto per il Polo Urbano Fiera”: il ciclo di conferenze ideato dal nostro presidente Paolo Favole (architetto come loro, piemontese come loro: che cosa vuoi di più?).  

Sono presenti gli Assessori comunali Giovanni Verga (oggi Assessore comunale alla Casa, già assessore all'Urbanistica e al Territorio della Regione Lombardia, e dal giugno 2001 Assessore allo Sviluppo del Territorio del Comune di Milano) e Andrea Mascaretti (Politiche del lavoro e dell’Occupazione) e Carlo Masseroli (Assessore all’Urbanistica).

C’è anche la notizia: sotto il nuovo mirabolante quartiere in progetto scorrerà la metropolitana MM5, un “regalo” del Comune alla nuova città nella città, che nel progetto si chiama Citylife, la città-vive. E infatti, spiega Debernardi, il Comune ha posto come precondizione ai futuri potenziali appaltatori che la risorgente zona “non” avesse le caratteristiche negative della pur bella Defense di Parigi (una “maison de la Grandeur” che alle sei di sera torna deserta come e più del Sahara). E nello stesso tempo, spiega sempre Debernardi, rappresentasse “qualcosa che renda Milano”, dove da 40 anni non si fa vera architettura-progresso , “orgogliosa di sé nel mondo”, anche in previsione dei traguardi che per il 2015 si è posta la città ( e per la quale sta lavorando l’attuale Giunta). 

E allora? Il progetto - niente di più concreto -  parte da uno studio che molti avrebbero considerato “effimero”, e cioè da un’indagine sociologica, che nella fattispecie viene affidata alla Eurisko e che sonda che cosa vogliono i milanesi che si faccia in zona ex Fiera. La risposta: verde, cultura, ricreazione, utilità. E qui la prima svolta. Verde? Si dicono architetti e ingegneri del pool, che sono affiancati da almeno 200 tra colleghi, ambientalisti, esperti di viabilità e di ogni utile scibile. E ai bravi architetti Tancredi e colleghi del Comune il pool fa sapere che per esso “il verde sommato al verde” fa zero: un bosco vuoto va bene per gli scoiattoli, non per il cuore di una città. E decidono insieme: 51% di residenze e 49 % di terziario tutt’uno con il verde: 36 edifici, tra i quali due eccezionali Torri, da capogiro in ogni senso: in verde, dunque, popolato di “cose”, di “cose da fare” (servizi alle persone, sicurezza, garage sotterranei che ingoiano il traffico interno, mentre il traffico esterno scorre svincolato da quella muraglia cinese che circondava la vecchia Fiera). Spiccano nel progetto il Museo del Design (finalmente!) e il Palazzo delle Scintille, interamente dedicato ai bambini e agli adolescenti. Appartamenti? Da mille a 1500, non faraonici, ma del tipo dei ponti delle grandi navi da crociera, snelli e defilati. E 2 box (almeno) per ogni unità abitativa o di servizio. 

L’architetto Maggiora ribadisce la “filosofia” del progetto City Life, che è già partito in questi giorni con le prime demolizioni e che sarà vivo e vitale entro il 2010 per completarsi entro il 2014. Citylife dovrà mostrare al mondo che “Milano c’è” nella grande competizione planetaria per la supremazia tecnologica e neoculturale, come dire interculturale, perché “l’architettura è la forma della Storia”, non è più “l’edificio”, ma un fascio di sinergie e di obiettivi, per i cui risultati, nel caso specifico, si vedono impegnati centinaia di professionisti che lavorano ai quattro angoli del mondo, collegati in rete. Il mondo, come disse Friedman, “ora è piatto”, nel senso che mentre a Milano l’architetto riposa, a Tokyo qualcuno sta completando le sue tracce, senza stop di orologi e gap di emisferi.  

Piacerà il progetto? Ad alcuni sembrerà “nervoso”, “eccitante”, ad altri “effimero”, ad altri “giusto” (come dicono i giovani d’oggi)  nei confronti dell’architettura che è nata con i templi di re Salomone e si è chiusa con il secolo XX. Ma saranno le nuove generazioni a giudicare. Nui chiniam la fronte…Milano s’è desta. E l’opera è, comunque “aperta”. Fin qui Maggiora, come Debernardi seguitissimo e applauditissimo. Sono seguiti interessanti  interventi “interclub”. 

 

Nicola D’Amico