Cronaca della gita a San Pietroburgo

25 aprile al 1 maggio 2007

 

 

Da un palazzo imperiale all’altro, da un giardino da fiaba a una pinacoteca riassuntiva di secoli di rappresentazione della natura, dell’uomo e di animali veri e immaginari; uno scintillio accecante e conturbante di ori e di pietre preziose, hanno scandito i giorni della visita di una folta schiera di soci del Rotary Giardini a San Pietroburgo, tra il 25 aprile e il 1° maggio: lo scorrere di un libro di storia e di storia dell’arte, ma anche l’emozione di vedere un popolo che ha riscoperto la religione dei padri, che restaura appassionatamente nelle pietre la propria storia millenaria. Una ostensione ininterrotta di testimonianze di glorie che fanno veramente convincere che presto ritornerà alla superficie la vera identità di questa città sovrana, che da uno zarismo bianco a uno zarismo rosso all’attuale zarismo tricolore, forse oggi traspare più dalle pagine dei suoi grandi scrittori (un Puskin,  un Dostoewskij)  che dalla realtà: una complessa realtà politica, economica, sociale.  Perché quella che un tempo fu e vuol tornare ad essere la Santa Russia, appare sinceramente passata non dal bolscevismo alla democrazia, ma, per ora, solo dal bolscevismo a qualcosa di transitorio, di provvisorio, di frontiera. Un Paese pieno di ombre, ma anche di luci: di ombre sulle quali non ci soffermiamo più di tanto, per carità di una patria che non è la nostra, ma che, per altri versi abbiamo imparato ad ammirare e rispettare (le splendide dimore, i grandi poeti, il muto smarrimento dei vecchi e la gioiosa libertà dei giovani, la memoria del martirio, l’onestà del nostro albergo che a giro di email comunica a una delle nostre consorti di aver ritrovato la sua collana nella stanza che la ospitava, ecc.). E le brave guide, e i pazienti autisti, il tutto vissuto insieme in una compagnia affiatata e puntuale.

A San Pietroburgo siamo arrivati amandola come si ama quella fanciulla misteriosa e altera che era sbocciata dalle parole della brava Maria Candida Ghidini; e da San Pietroburgo siamo partiti amandola, ma in maniera diversa, come si ama una fanciulla convalescente, che non ha perso nel pallore la sua sempiterna bellezza.

Tutto ciò che materialmente abbiamo visto lo avete pre-letto nel programma. Quello che spiritualmente abbiamo visto ognuno lo trova scritto in quel bollettino dell’anima i cui fogli sono i giorni della nostra vita.  O riflesso negli occhi delle nostre splendide signore rotariane presenti.

Ed ora bando alle cose serie. Di che vogliamo parlare? Delle valigie Lebano sparite e miracolosamente riapparse (l’aeroporto della Malpensa è geniale, in questo)? Dei sedili scricchiolanti dell’AZ 457 in partenza da Milano? Di D’Amico che abbandona il passaporto sotto i sedili dell’aeroporto di San Pietroburgo e lo ritrova dicendo “chissà chi è quel cretino che s'è perso il portafogli…to’, è il mio”.?  Ricordiamo l’epica lotta sindacale tra l’autista del bus dell’aeroporto e i bell-boys dell’hotel che si contendono il privilegio di non scaricare i nostri bagagli? Per il resto tutto bene. Un bell’hotel, comodo, elegante, e - come abbiamo prima accennato -  fatto di gente perbene. Splendidi i ristoranti (non scherzo), raggiunti dall’albergo, magari, qualche volta, scavalcando due fusi orari. Ottimo il tritato di peperoni e cetrioli da riflessione gastrica, nelle versioni breakfast, dinner e by night; e suadente il salmone quotidiano (e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori.). 

Avviso ai naviganti che si dovessero trovare dalle parti dei palazzi imperiali: le donne dei guardaroba sono state addestrate nelle stesse scuole dei pittbull. Alcune sono totalmente fuori di testa e minacciano di denunziarti al fratello del dottor Žvago se non ti metti le soprascarpe onuste di glorie.  

Ma dài, è stato bello. Grazie a Favole, grazie a Nicolosi, grazie a Boniello, grazie a tutti coloro che hanno collaborato all’organizzazione.

il vostro Nicola D’Amico