Cronaca della conviviale n. 1 del 7 luglio 2008

presso la Fondazione Umanitaria

Tema: “L'alta velocità”

Relatore: ing. Mario Moretti

 

Il tarlo che corrode i binari delle nostre ferrovie ha un nome: “provincialismo progettuale”, che altrimenti potrebbe definirsi “economia del campanile”. Parola di Mario Moretti, amministratore delegato delle ferrovie dello Stato, ferrovie che sono “dello Stato” e vorrebbero essere un’azienda libera sul mercato; un’azienda a dir poco atipica, in cui si risponde dei costi, ma si vende un prodotto di cui altri (per esempio le Regioni) fissano in notevole estensione i prezzi.

L’ingegner Moretti, una vita (ancorché giovane) nelle ferrovie, ha inaugurato la presidenza Alberici  (una breve cronaca della serata segue in chiusura), parlando in Interclub ai soci del Giardini, e ai loro amici, di “alta velocità”, argomento del momento,  suscitatore di grandi attese. Ma ha ricordato  all’attenta platea anche quanti altri fattori “alti”, ma in negativo, ci siano nella vita delle nostre ferrovie, a disturbarne la crescita. Anche se, per fortuna, ce n’è uno, in positivo,  che ci consola del resto: un’ “alta” eccellenza tecnologica, che il mondo ci invidia e ci copia.

“Alto”, come detto, il provincialismo delle scelte politiche. “Alta”, la confusione dei ruoli tra ferrovie-azienda e dello Stato, che nello stesso momento è azionista e cliente di se stesso. “Alto” è l’indebitamento storico, “scientificamente” impossibile a sanarsi totalmente con le attuali regole leonine del gioco, che è ancora lo Stato a fissare.

L’ “alta velocità”, a questo punto, va inquadrata in questa problematica di fondo, sia nella versione della Tav  - argomento tecnico-politico di grande impatto, per il quale occorrerebbe una speciale serata e sul quale l’oratore sorvola (com’è noto finalmente nei giorni scorsi sono stati risolti tra sindaci e governo le incomprensioni che l’avevano paralizzata) - sia nella versione Ponte sullo Stretto. Dando per scontato, ovviamente, che l’alta velocità rappresenta una necessità per la sopravvivenza dell’economia italiana nello scacchiere europeo e globale.

Il problema è anzitutto quello di collegarsi ai grandi corridoi europei, ma per farlo bisogna pensare europeo, bisogna abbandonare la logica post-risorgimentale di “ogni campanile una stazione, un porto e uno scalo merci”. Occorre, per questo, come si sta cominciando a fare, inserire le grandi direttrici ferroviarie in un quadro strategico complessivo, che comprenda la integrazione  di una rete ferroviaria moderna con la rete elettrica ad alta tensione, con il sistema autostradale e con quello delle fibre ottiche, rivolgendo un occhio al ruolo nodale delle grandi città.

Se questa è la strategia, essa non può non passare attraverso la individuazione di grandi “piattaforme” intellettuali, prima, e fisiche, materiali, dopo.

Si parte da quella intellettuale, che deve contemplare – in chiave continentale - una programmazione interna, una pianificazione territoriale ampia, che non porti – per esempio -  traffico verso città incapaci di smistarlo, verso colli di bottiglia in cui il più delle volte si strozza, immobilizzando enormi risorse finanziarie e umane, creando dispersioni di scala insostenibili (e non ci consola sapere che strozzamenti più gravi esistono, in versione extraurbana, anche nel centro d’Europa).

E si giunge al corollario della prima: la necessità di creare poche ma economiche piattaforme territoriali di riferimento, pochi ma ragionevoli centri di approdo (porti, stazioni), che facciano fruttare quelle risorse che oggi sono disperse in molti rivoli. L’Italia tiene in vita cento porti, inseriti nei centri storici, la Germania si concentra su due, la Spagna abbandona il porto ormai turistico della vecchia Barcellona e se ne inventa uno nuovo per sfidare il mondo. L’ Italia mantiene 800 scali merci, dei quali 600 assorbono irrisorie percentuali di traffico, assorbendo il 30 per cento della spesa relativa.

E’ con questi problemi da co-risolvere che si inquadra un discorso sull’alta velocità che non voglia essere una chiacchierata da bar dello sport. Ma l’alta velocità c’è. Le soluzioni ci sono e l’Italia ci sta provando. A cominciare da una nuova stagione delle stazioni, partendo da quella di Milano, che si annuncia come un gioiello di architettura dentro l’armatura floreal-faraonica degli anni Trenta, per giungere a quella di Roma Tiburtina, di Firenze, di Napoli Afragola. A Natale andremo a Bologna nella metà del tempo attuale e -  una volta superato lo strozzamento di 90 chilometri critici tra Firenze e Bologna (72 chilometri di gallerie e 18 di viadotti) - andremo da Milano a Roma in 3 ore non stop (o in poco meno di quattro ore se faremo qualche tappa). Ma si è al lavoro anche per un collegamento plausibile tra Bari e Napoli come tra Bologna e Verona.

L’ingegner Moretti confessa che se l’Italia sta per andare, si fa per dire, in smoking sulla grandi tratte, su certe tratte minori ha seri problemi…di pulizia. Quelle dei giornali non sono insinuazioni. Ma non è colpa dell’azienda se catene storiche legano le sue mani e se è arduo instaurare una razionale divisione delle commesse, tra imprese che oggi fuggono dalla partecipazione alle gare. Anche le scope -  e questo non lo sapevamo, ma dovevamo immaginarlo - hanno un risvolto politico, in Italia.

Ma una cosa è certa: l’Italia ha messo il massimo impegno nella sicurezza, attraverso una estensione dell’automazione che ha raggiunto livelli da farci invidiare da Germania e Giappone, che qui ci seguono. Le tecnologie italiane impegnate in questo settore sono esportate in tutto il mondo. Frutto dell’intelligenza italiana. Ma quando mai l’intelligenza ha fatto notizia, nel  nostro paese, specialista in autoflagellazioni?

 

Nicola D’Amico

  

LA CRONACA – Lunedì 7 luglio, alla conferenza dell’Ingegner Mario Moretti, amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato, organizzata nel refettorio dell’Umanitaria, in Interclub, dal Rotary Club Milano Giardini, con il patrocinio del Distretto 2040, erano presenti oltre 300 persone, tra le quali - oltre ai soci del Giardini - rotariani dei club Aquileja, Ca’ Granda, Castello, Internazionale, Milano Est, Milano Nord, Monforte, Naviglio grande San Carlo, Porta Vittoria. Dopo il saluto alle Bandiere, al tavolo dell’oratore - presentati dal presidente del Giardini, Adalberto Alberici (“questa serata ci aiuterà a capire a quale parte dell’emisfero vogliamo appartenere”): il padrone di casa, presidente dell’Umanitaria, Piero Amos Nannini, che ha illustrato i valori artistici del sito; il Governatore del Distretto 2040 Alessandro Clerici, che ha rivolto anche un grato saluto a oratore e presenti; Aldo Nicolosi, che ha a sua volta presentato il protagonista della serata, l’ingegner Moretti, il quale è stato acclamatissimo prima e dopo l’intervento. Tra le domande del pubblico, preziose quelle del nostro Gambel, che ha offerto all’oratore l’occasione per parlare dell’importanza della valorizzazione delle risorse umane interne alle aziende; e quella del nostro Salvatore Pennisi, che ha consentito di inquadrare il problema Ponte sullo Stretto nel quadro dei grandi ritardi storici che frenano lo sviluppo del Meridione.

Il presidente del Giardini Alberici ha anche ringraziato le ferrovie dello Stato, e per esse l’ingegner Moretti per il munifico sostegno alla serata, che si è conclusa, sotto gli alberi dello storico giardino, con un ricco e magistrale buffet, della cui paternità si tace per non inorgoglire troppo gli autori.

(n.d’a.)