Cronaca della conviviale n. 37 del 28 maggio 2007

 

Tema: Milano, le attività: La moda

Relatore: Cav. Mario Boselli

 

 Milano diventa capitale mondiale della moda sul finire degli anni Sessanta del XX secolo. Pardon, torna ad essere la capitale della moda dopo sette secoli, quando, nel XIII le sue botteghe erano famose in tutta Europa per i pregiati e resistenti  tessuti; o almeno dopo cinque, quando, in pieno Rinascimento, re e regine in procinto di essere incoronati o di sposarsi, vi inviavano i loro messi per acquistare  i suoi ineguagliabili broccati di seta, ricamati di oro, d’argento e di ciniglia.  Ancora oggi  è soprattutto l’effetto “R”, quella tradizione di gusto e di perfezione che scende per li rami direttamente dal Rinascimento, che fa di Milano la sovrana mondiale della moda.

La storia che andiamo a raccontarvi è la storia  che, con lucidità e chiarezza incomparabili,  ha raccontato il cavaliere del lavoro  Mario Boselli, presidente, tra le altre presidenze, della Camera della Moda, al Giardini, la sera del 28 maggio scorso. Era la  37a delle conviviali che Paolo Favole ha voluto dedicare, come altrettanti piccoli monumenti, al Milano pride, all’orgoglio di essere milanesi.

Non abbiamo materie prime, paghiamo a peso d’oro la bolletta dell’energia che ci viene dall’estero, abbiamo le infrastrutture che abbiamo – ci dice questo alto ed elegante signore, che comanda una nave di  duecento imprese leader del settore - eppure Milano è oggi la indiscussa capitale mondiale della moda. Una regina senza il parere della quale non si sposta nel mondo una manifestazione di moda. Come mai?

E’ una storia di intelligenza e di costanza, di creatività e di mani che conoscono la fatica della perfezione, che nasconde un suo segreto, un suo marchio. Che cos'è l’ Italia della moda che si proietta nel mondo da Milano, epicentro dei distretti industriali italiani? E’  l’ Italia “ del bello fatto bene”. E’ la storia di 80 mila piccole e medie aziende che danno lavoro ad almeno 800 mila persone e regalano al Paese 16 miliardi di euro annui di saldo attivo che lo aiutano a pagarsi il deficit alimentare e la  bolletta energetica. E’ la storia dell’amministratore oculato, con un occhio all’interno dell’azienda e un altro fuori della finestra a studiare il mercato e a scoprire che se vuoi essere primo devi lasciare il mercato “basso” a chi s’accontenta di poco.

Ma è anche la storia del designer estroso che crea “abiti che si possono indossare”, come del tagliatore dalle mani da chirurgo; come della paziente ricamatrice.

Milano ha capito che la sua fortuna, la sopravvivenza delle proprie industrie abita in cima alla piramide del mercato-moda, dove si veste il mondo più raffinato, compreso quello delle 500 donne più facoltose del mondo (non sono di più, quelle capaci di spendere fino a 100 mila euro per un abito “unico): un vertice poggiato, magari, su una “media altezza” che fa volume di affari e che richiede anch’essa gusto e raffinatezza.

Qual è la ricetta italiana del successo, in cui si fa concreto “il bello fatto bene”? Boselli non ha dubbi. E’ un tris le cui carte sono: il prodotto, la quantità, il mercato. Milano-Italia non ha problemi per il prodotto, perchè non cede alle tentazioni delle localizzazioni selvagge e sfrutta le ataviche capacità locali; ha scartato i lotti elefantiaci d’Oltremare; sceglie i mercati che apprezzano l’eccellenza.

Che futuro intravede il capitano della nave Made in Italy? Niente di allarmante. I cinesi? Stanno allentando la pressione, ora che gli si spalanca un mercato interno affamato di consumi, mentre la manodopera locale si fa sempre più esigente e costosa.

Comunque, veglia su tutto la Camera della Moda, che annovera le firme più prestigiose, da Versace a Fendi e a Ferragamo, da Missoni a Moschin, da Marzotto a Ferré (scegliete voi nel Gotha), con nessun rimpianto – parole di Boselli – per l’assenza di Dolce & Gabbana, “più bravi che simpatici”  e tanto desiderio di avere nella ciurma di lusso quel Giorgio Armani “che fa i capricci da Padre Nobile”. La Camera della Moda, nata come un club esclusivo di grandi firme è oggi una associazione giuridicamente riconosciuta,  che rappresenta istituzionalmente la moda italiana nel mondo, unico riferimento nei calendari istituzionali del settore. Organizza sfilate, tratta con i ministri (persino della salute delle modelle, leggi problema dell’anoressia), tutela 850 show room permanenti (Milano ne ha il record mondiale per numero) e organizza a Milano  sei grandi manifestazioni all’anno: due Milanomoda Donna, due Milanomoda Uomo e due Milanomoda-show room. Le sfilate sono un’impresa impegnativa, certo (costano ognuna da un minimo “stracciato” di 200 mila fino a 1 milione di euro per un tempo medio di effettiva exhibition di non più di 14 minuti).  Ma si tratta di appuntamenti indispensabili per la visibilità delle aziende, anche se, quando si svolgono, i due terzi delle vendite sono stati già contrattati.

Boselli ora è a disposizione per le domande.

Favole : Perché gli stilisti fanno poco per far bella Milano?

Boselli: Perché hanno il braccio corto; forse hanno guadagnato troppi soldi in troppo poco tempo per avere avuto la possibilità di acquistare la cultura del mecenatismo.

Bernardelli: Perché non si pubblicizza abbastanza che sono italiani anche gli “ingredienti” della nostra moda?

Boselli:  Stiamo lavorando per questo: e non solo perché in Europa sia obbligatorio il “made in”, ma anche il marchio delle provenienze “terze”.

Colucci (consorte): Da quando Milano è tornata ad essere capitale della moda?

Boselli:   Da quando (seconda metà degli anni Sessanta del secolo scorso) vi ha trasferito le tende quel Giambattista Giardini che il 12 febbraio del 1951 per la prima volta “battezzò” il made in Italy della moda italiana organizzando a Firenze una mostra destinata ai buyers americani.

Di Ballo:  Non è che lo Stato cinese sottobanco finanzi i cinesi di Milano? Troppo vistosi, i loro investimenti…

Boselli:    Credete a me, non ne hanno bisogno. Provate a comprare a poco, a lavorare in nero, a far incredibili ricarichi…

Verdirame: Chi sono quelle famose 500 donne da 100 mila euro ad abito?

Boselli:    Non posso fare nomi, ma certo la Regina di Giordania non si fa mancare niente…

Bellingeri (neoriconfermato sindaco di Carezzano: auguri!): Che cosa c’è dietro i saldi?

Boselli:    Un modo pulito e fiscalmente corretto per far quadrare i conti.

Lavagnino (new entry: benvenuta!): Non possiamo vedere nella Cina anche un grande mercato oltre che un pericolo?

Boselli:   Forse solo qualche decina di aziende italiane vi hanno interesse, senza mutare il nostro standard di eccellenza. Ripeto: non lavoriamo per le masse.

Bertolotti: Il nostro futuro?

Boselli:   Abbandonare la zavorra, curare il medio mercato, puntare sul “top”.          

Nicolosi: E i falsi, che problemi creano?

Boselli:  Un problema da 6 miliardi di euro. Il problema è che anche i contraffattori italiani ora hanno scoperto la “delocalizzazione” e producono falsi all’estero.  Però ora c’è una Signora di Ferro a lottare a nome di tutti noi contro i falsi: è Giovanna Gentile Ferragamo. Anche se le autorità non si sbracciano per aiutarla. 

Si è fatto tardi, ma il Gran Signore della Moda non è stanco, ancora tanto ardente del suo mestiere.

 

Nicola d’Amico