Cronaca della conviviale n. 35 del 14 maggio 2007

 

Tema:  “Marionette” (interclub con il Rotary Milano Brera)

Relatore: Prof. Eugenio Monti Colla

 

 

L’invito al Prof Eugenio Monti Colla è stata l’occasione non casuale per un Interclub con il Rotary Milano Brera. Un evento cos’ stimolante da obbligare alle 22,30 il nostro Paolo Favole  ad esigere la chiusura della serata, interrompendo l’intenso flusso di domande degli ascoltatori.

Parlare di marionette sembrerebbe un tema di scarsa attualità, ma  qui cominciano le sorprese:

scopriamo che Eugenio Monti Colla era un compagno di scuola di Paolo. Paolo, il tipico  allievo troppo bravo nelle materie scientifiche, del quale  tutti i colleghi avevano un poco invidia; Monti Colla, invece, già da allora orientato allo spettacolo, ottimo imitatore ben noto a tutto il  Berchet.

La storia dei Colla è indissolubilmente legata al teatro S.Gerolamo, unico teatro al mondo progettato per spettacoli di marionette (oggi in disarmo e, peggio, destinato a uno stravagante futuro), un teatro in cui generazioni di Colla hanno fatto sognare l’intera città di Milano.

Quella dei Colla è una storia che nasce dal 1689, una storia raccontata oggi da oltre 2400 marionette, delle quali  600 antiche, accompagnate da oltre 30.000 “pezzi” accessori.

I Colla erano una famiglia dell’alta borghesia che,  a fianco dei Principi Borromeo, che di teatrini di marionette ne avevano ben 4, pensava alle marionette come  ad una forma di educazione al teatro.

Le marionette dei Colla  sono -  pensate -  progettate e costruite in tutti i dettagli dall’azienda di 15 persone che i Colla hanno costituito, aprendola ai “non figli d’arte”. Nell’azienda si impara a disegnare, dipingere, scolpire, formare parrucche, gioielli, armi ; a  recitare e ad inventare nuove vicende.  La struttura stessa delle marionette impone  che si usino prodotti naturali,  per cui sono bandite  le stoffe sintetiche tipo jersey, nylon e ryon.

Muovere da 6  m. di altezza una marionetta alta 30 cm con 6 -8 fili ed un peso variabile da 4 a 20 kg con più persone in scena richiede un’abilità che si acquisisce sono con la frequentazione della scuola specialistica che esiste da oltre 10 anni. Dargli il movimento con i bilancini è opera da  vero musicista.

Ma oltre alle competenze tecniche, gestire una marionetta è un’arte che solo un vero artista sa acquisire. Arte che ci porta ad esaminare più nel profondo il messaggio che questa attività vuole trasmettere  ai propri ammiratori:

Colla afferma che si lavora con la stessa sapienza del passato, porgendo la fiaba come  una metafora, una fiaba che non pretende di descrivere il mondo  così come è, ma  aiuta (quasi una terapia) a chiarire i processi interiori dell’individuo.

La fiaba può essere rielaborata evolvendosi dai miti e si fa sempre “contemporanea”. Impregnata da questa filosofia, la Compagnia Carlo Colla e figli tiene spettacoli in tutti i paesi del mondo, ottenendo grandissimi successi di pubblico. La marionetta è  l’ “attore virtuale del futuro”, una metafora dell’uomo raggiunta non attraverso la pedissequa ripetizione delle sue dimensioni e dei suoi gesti, ma attraverso una sapiente  alterazione di arti e di gesti, che fanno della marionetta una creatura a sé, sospesa tra realtà e immaginazione.. 

Il legno, per esempio, che tanta parte ha in questa forma d’arte, è esso stesso allusione alla nave, al viaggio. E viene scelto tra le qualità più docili: il  tiglio, il cirmolo.

Il primo, il tiglio, latifoglia,  era l’albero del villaggio perché  dispensava l’ombra ed era fonte del miele raccolto dalle api, (ape segno di saggezza);  il cirmolo, detto anche  pinus cembra è l’albero sempreverde che resta  vigoroso anche in tarda età. C’è un libro la cui diffusione a livello mondiale è superata solo da  Bibbia e Corano: questo libro parla di un burattino:Pinocchio. E’ una coincidenza? Ora capite perché si sono fatte le ore piccole.

Colla parla tra passione e amarezza: una passione che non si estingue, un’amarezza per una Milano che sembra avere voltato le spalle alle proprie radici, alle proprie tradizioni. Ma la speranza è l’ultima a morire.

 

Marco Signorelli